02_Evoluzione della lingua

Today we will continue this journey (in Italian) into the evolution of the Italian language that we started last week. We will talk about Galileo Galilei and its fundamental role in promoting and creating a vulgar but scientific language. Look at the knowledge that we have today and imagine a world where technical and scientific knowledge belongs to an elite of intellectuals. Galileo was part of this world and started an important internal revolution.

We will talk about Alessandro Manzoni and Risorgimento. The idea of the Italian Nation boosted the willing of a common language. Manzoni was one of the protagonists of this movement. He contributed to the creation of a common and contemporary language. Finally, we will get a look to the last and most contemporary steps of this evolution: nation, newspapers, radio, tv.

Buon ascolto!

 

Trascrizione:

Ben ritrovati! Oggi continuiamo la storia della lingua italiana che abbiamo iniziato la settimana scorsa: è una storia molto lunga e ovviamente non ho parlato di tutti i dettagli, però stiamo percorrendo a grandi linee i punti fondamentali di questo percorso.

La settimana scorsa ci siamo fermati al 1600, voglio un attimo ritornare a questo momento. Perché? Il 1600 è stato un momento importante, in particolare è stato un momento importante anche per la letteratura scientifica. Forse molti di voi hanno sentito già parlare di un uomo che ha rivoluzionato la storia della scienza moderna e che si chiama Galileo Galilei. Bene, Galileo Galilei nel 1632 pubblica il suo capolavoro che si chiama “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”. Ora, perché quest’opera è così importante? Perché Galileo decide di scrivere quest’opera in volgare.

Nel mondo moderno ci siamo abituati ad avere accesso alla scienza e quindi tutti possiamo arrivare ad avere informazioni, ad esempio, sul mondo, sulla terra, sullo spazio, informazioni di fisica e di matematica. Nel 1600 non era così: la scienza era di proprietà degli intellettuali; in particolare, la scienza in Italia era divulgata in latino. Era quindi impossibile per una persona umile o per una persona che non era un intellettuale riuscire a sapere delle cose del mondo.

Galileo cambia questo: con la sua scelta di scrivere in volgare, lui amplia, lui ingrandisce, lui rende l’informazione aperta a tutti e fa questo per riuscire a diffondere queste informazioni scientifiche. Anche perché voleva in qualche modo creare un vocabolario, creare un linguaggio comune agli scienziati, quindi voleva un po’ staccarsi dal latino. Per fare questo lui crea un linguaggio semplice, in volgare, ma cerca di semplificare alcune costruzioni che erano un po’ complesse. Questo per rendere la logica, per rendere il suo linguaggio più accessibile, appunto più semplice. Il successo di questa prima opera di Galileo è enorme e quest’opera riesce davvero a raggiungere molte persone. Probabilmente è anche questo il motivo per cui successivamente Galileo è accusato dalla Chiesa. Il fatto di aver scritto la sua opera non in latino ma in volgare sicuramente ha contribuito alle accuse che sono state poi rivolte a Galileo da parte della Chiesa.

Ok quindi poi che cosa succede? A partire dal XVI secolo, quindi dal 1500, abbiamo detto che l’Italia aveva un unico modello per la lingua scritta ma la lingua parlata è ancora per molti secoli regionale. Molte persone scrivono in un modo, gli intellettuali scrivono in un modo, e parlano a casa in un altro. Questa cosa cambia nel 1800. Perché? Perché inizia un grande movimento nazionale. Gli italiani iniziano ad avere consapevolezza del proprio Paese: iniziano a volere una lingua unitaria. Perché? Perché in una prospettiva nazionale questa lingua doveva superare le differenze regionali e creare finalmente quello che era il popolo italiano: inizia il movimento del Risorgimento italiano. Non so se avete mai sentito parlare di questo movimento ma sicuramente avete sentito parlare di Garibaldi o di Camillo Benso Conte di Cavour: loro sono stati solo alcuni dei personaggi importanti per questa unione nazionale che è iniziata nel 1800 ed è arrivata all’Unione d’Italia nel 1861. L’unione d’Italia arriva finalmente nel 1861 dopo lotte, dopo diplomazia, ecc.  

Però, dobbiamo comunque analizzare un dato importante: Unione d’Italia non significa ancora unione linguistica. Perché? Perché nel 1861 solo il 2,5% della popolazione italiana comunica in italiano ,solo il 10% capisce la lingua: quindi l’italiano non è la lingua quotidiana della maggior parte delle persone. Pensate che il 90% della popolazione continua a parlare lingue locali e dialetti. Inoltre, c’era un altissimo indice di analfabetismo quindi persone che non sapevano leggere e non sapevano scrivere. Cosa succede? Molti intellettuali dell’epoca, parleremo adesso di un personaggio molto importante Alessandro Manzoni, capiscono che l’italiano scritto è molto antico, molto arcaico ed è molto distante dal mondo moderno e continuano quindi quel dibattito sulla lingua italiana che è iniziato nel 1300 ed è arrivato fino al 1800.

Quale lingua usare?Come creare una lingua italiana unica per tutti? L’Italia è fondata, l’Italia è stata fondata, ma come creare un modo per le persone di parlare l’una con l’altra; come unire veramente il popolo italiano?

Bene, una persona sicuramente rilevante è appunto Alessandro Manzoni che nasce nel 1785 e muore nel 1873. Se avete qualche amico italiano potete chiedere che cosa pensi dei Promessi Sposi. Ricordo, infatti, che a scuola era sempre un po’ una fatica per noi leggere questo grande romanzo, I promessi sposi, solo oggi però capisco quanto sia stato importante. Perché? Perché I Promessi Sposi, quest’opera di Manzoni, è stata davvero il punto di svolta cioè l’avvicinamento tra italiano scritto e lingua parlata.

Questo romanzo, I promessi sposi, contribuisce al movimento verso la creazione di un’Italia linguisticamente unita. I Promessi Sposi sono il primo grande passo del 1800 per riuscire a unificare un popolo che era unito a livello di istituzione, unito politicamente, ma non ancora unito culturalmente. Come creare la lingua di Manzoni? Prima di tutto dovete considerare che Manzoni, Alessandro Manzoni è nato a Milano: nella sua quotidianità lui parla l’italiano di Milano che è diverso da quello fiorentino.

Dovete anche considerare che i Promessi Sposi è stato rivisto e riscritto tre volte. Perché? Manzoni capisce che per raggiungere l’obiettivo comune si deve scegliere uno dei dialetti italiani e promuoverlo per la popolazione come lingua unica.

Quale lingua? Anche lui decide di avvicinarsi al Fiorentino: non il fiorentino antico però, ma il fiorentino moderno quindi il fiorentino parlato dalle classi colte, dalle classi intellettuali. Quindi Manzoni si avvicina questa lingua e inizia a teorizzarla inizia a semplificarla. L’uso di questo linguaggio semplice e semplificato e soprattutto la scrittura di questo romanzo segna un momento importante per intere generazioni di italiani che iniziano ad usare questa lingua non solo per lo scritto, ma anche come riferimento almeno nel vocabolario per l’orale.

Voglio leggervi l’incipit di questo romanzo perché è una frase che tutti noi italiani conosciamo, è un paragrafo, insomma, che noi tutti italiani conosciamo e voglio farvi vedere quanto la lingua di Manzoni che quindi è del 1800, 200 anni fa quasi, sia molto simile alla lingua che oggi noi usiamo.
Anche qui, non preoccupatevi se non capite tutto, provate ad ascoltare il suono e a riconoscere le parole che non sono più contemporanee. Vedrete che non ci sono molte parole non contemporanee, tutte le parole di questo paragrafo possono essere comprese da chi conosce la lingua italiana.

Questo è l’inizio del romanzo di Alessandro Manzoni I Promessi Sposi:

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume”

Manzoni qui sta parlando del lago di Como, è l’inizio del nostro romanzo e descrive in un modo molto bello, in un modo molto pittoresco, la forma del lago di Como.

Bene, ovviamente non è solo questo romanzo che poi ha creato l’italiano standard che parliamo oggi: il processo è stato molto più lungo. Ovviamente un romanzo non può completamente cambiare la storia di una lingua. Quali sono stati gli altri fattori unificanti, quindi quali sono state le altre iniziative, gli altri avvenimenti storici che hanno portato alla nascita, alla creazione non alla nascita di questo italiano che oggi io parlo.

  • Beh come potete immaginare abbiamo avuto l’esercito, quindi l’esercito Nazionale: lo spostamento di ragazzi da Nord a Sud, da Est a Ovest, durante la prima e la seconda guerra mondiale, ha portato alla creazione di una lingua comune a tutti, quindi alla necessità di comunicare.
  • Poi, stessa cosa l‘industrializzazione e l’urbanizzazione quindi soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale molte persone sono emigrate: alcune verso l’estero, altre dal Sud al Nord principalmente e questo ha portato all’esigenza di una lingua comune per tutti.
  • Un altro elemento che è un po’ odiato dagli italiani, ma che comunque ha contribuito alla creazione di questa lingua è la burocrazia, quindi la creazione di documenti comuni a tutti che potessero essere standard in tutta Italia.
  • Più avanti la diffusione dei giornali: i giornali per riuscire a raggiungere un pubblico più grande devono semplificare il linguaggio, creare una forma di scrittura accessibile a tutti.
  • Infine, una cosa molto molto importante è stata l’istruzione obbligatoria: l’obbligo dal 1859 di andare a scuola.
  • Dopo la forma scritta, più avanti negli anni 50, nascono le radio, il cinema e la televisione. La televisione in particolare ha un ruolo fondamentale nell’integrazione definitiva e linguistica del nostro paese.

Per finire, dobbiamo aprire una piccola parentesi sulle minoranze linguistiche; non dobbiamo pensare infatti che oggi in Italia parliamo solo italiano standard: i dialetti continuano a esistere così come alcune lingue indipendenti.
Appunto, voglio proprio farvi alcuni esempi di queste minoranze linguistiche, queste lingue indipendenti che forse non conoscete. Le minoranze storiche oggi presenti in Italia sono ad esempio:

  • il francese che è parlato in alcune zone di Piemonte e Val d’Aosta
  • il provenzale o occitano che è parlato In alcune zone di Piemonte, Liguria, in un comune della Calabria (quindi molto molto a Sud).
  • il francoprovenzale in Val d’Aosta e in due comuni in Puglia
  • il tedesco in Alto Adige e altre zone alpine
  • poi abbiamo altre lingue in Trentino: una lingua che si chiama cimbrico, in Veneto
  • abbiamo il ladino: una lingua parlata in Veneto e Trentino Alto Adige
  • il Friulano in Friuli
  • lo sloveno in alcune zone del Friuli Venezia Giulia che confinano appunto con la Slovenia
  • il serbo-croato in alcune zone di Abruzzo e Molise
  • addirittura il greco: ci sono alcune zone della Puglia e della Calabria che parlano greco
  • e l’albanese che è parlato in alcuni comuni di Molise Campania Puglia Basilicata Calabria e Sicilia
  • infine in Sardegna abbiamo il sardo che è considerato appunto una lingua a sè perché è distante dall’italiano
  • e il catalano che è parlato nel Comune di Alghero sempre in Sardegna.

Bene, anche per oggi abbiamo finito. Sono curiosa di sapere se esistono minoranze linguistiche nei vostri paesi, quali sono, vengono protette? vengono parlate? E ora terminiamo con il proverbio della settimana che è questo: Chi dorme non piglia pesci, che significa: Chi dorme non prende pesci. Come forse sapete, la pesca è un’attività che viene svolta prevalentemente di mattina presto e quindi come i nostri nonni saggiamente dicevano: se una persona dorme troppo, nella vita,non può pescare i pesci. Questo può essere applicato in generale con altri impegni della nostra vita. Vi saluto per questa settimana, grazie mille per l’ascolto; sono sempre disponibile a ricevere i vostri feedback e commenti e vi auguro una buonissima settimana.

Ciao ciao grazie.

 

01_Le origini

In this first podcast, I want to talk about the Italian language and its origins. Imagine a country divided for centuries: many lords and powers, many languages and no possibility to communicate between regions. Then, imagine the desire to create a language able to unify the whole peninsula. This was a strong desire in Dante’s times and was not solved until the beginning of 1900. But if Italy was divided into many different minor languages, which could be the language able to fulfill this purpose?

For centuries, Latin was the language of the literature, a language for rich and educated people. Daily communication used languages and dialects coming from Latin and called “vulgar”. Dante, Petrarca, and Boccaccio in 1300 started using this language of the poor for their masterpieces and elevated the dialect of Florence to a language that will evolve into contemporary Italian. But the story doesn’t end here. Follow me on this journey into the history of Italian language and practice your listening with me!

Trascrizione

Buongiorno a tutti, buon martedì e ben ritrovati al nostro podcast settimanale dedicato alla letteratura italiana.

Oggi voglio parlare un po’ delle origini della lingua italiana. È una storia lunga, ma cercherò di essere breve e sintetica.

Allora…

L’italiano di oggi ha ancora, in parte, la stessa grammatica e usa ancora lo stesso lessico dell’italiano fiorentino letterario del Trecento. Fiorentino significa l’italiano che era parlato nella città di Firenze.

In Italia oggi, come molti di voi sanno, ci sono molti dialetti, molto diversi fra loro e che arrivano dal latino. Ci sono anche alcune lingue indipendenti come il sardo e altri dialetti che non arrivano dal latino. Ma com’era la situazione dell’Italia prima? Qual era la situazione ad esempio nel 1000 dopo Cristo oppure ai tempi di Dante? Oggi voglio percorrere brevemente con voi la storia della lingua italiana e mostrarvi come siamo arrivati alla lingua di oggi che chiamiamo italiano standard.

Molti anni fa l’Europa era una confusione di innumerevoli dialetti, c’erano molte lingue diverse che derivavano dal latino. Poco a poco durante i secoli questi dialetti si sono trasformati in alcune lingue diverse, distinte come ad esempio il francese, il portoghese, lo spagnolo e l’italiano. Quello che però è successo in Francia o in Spagna o in Portogallo è un evoluzione che possiamo definire organica: cioè il dialetto della città più importante si è trasformato a poco a poco nella lingua ufficiale di tutta la regione. In Italia questo processo è stato un po’ differente. Una differenza importante è che per molto tempo l’Italia non è stata un paese unito. L’Italia, infatti, è stata unificata solo molto tardi, nel 1861. Fino a quel momento era una penisola di città stato in guerra fra loro e dominate da prìncipi a volte orgogliosi oppure da altre potenze europee.

Parte dell’Italia apparteneva alla Francia, parte alla Spagna, una parte alla Chiesa e alla fine una parte a chi riusciva a conquistare la fortezza, il castello o il palazzo locale. I poteri cambiavano veramente, non era un regno stabile.

Tutta questa divisione interna presente in Italia significa quindi che il nostro paese è stato unificato poco a poco e la stessa cosa è successa con la lingua italiana. Il latino, in particolare, era la lingua della cultura e della letteratura mentre il “volgare”, così chiamato, quindi la lingua del popolo (dalla parola “volgo”), era usata in contesti pratici di vita quotidiana (come i registri o ad esempio le ricevute commerciali).

Proprio per questi motivi, per queste divisioni interne, non dobbiamo stupirci se durante i secoli gli italiani abbiano parlato e scritto con dialetti locali incomprensibili da chi era di un’altra regione. In questo modo, se vogliamo fare un esempio, persone che vivevano in Piemonte, come me, non potevano capire persone che per esempio provenivano da altre regioni come il Veneto o in particolar modo, le regioni del Sud.

Il latino a quel tempo era la lingua d’uso internazionale, cioè era usato nelle scritture e nei discorsi ufficiali. Questo latino era definito da Dante come “grammatica”: quindi Dante pensa a quel tempo che la lingua convenzionale e la lingua perfetta, anche se artificiale, era appunto il latino. Tuttavia, c’era un dibattito aperto: il dibattito sul volgare d’Italia, questa “lingua volgare” e quindi il dibattito anche che si chiedeva quale dovesse essere la lingua ufficiale, il volgare “illustre”. Quindi tutti questi scrittori nel 1200/1300 già pensavano all’idea di una lingua ufficiale, una lingua per tutta Italia. Una lingua che ancora però non esisteva. Anche se c’è stato, c’era l’opera della Scuola Poetica Siciliana, così chiamata, che aveva in qualche modo pubblicato letteratura in volgare e quindi aveva iniziato il processo per far diventare questo volgare adeguato anche all’uso scritto. Quindi per sostituire piano piano in latino.

Dobbiamo parlare un po’ di Dante, ma state tranquilli perché cerco di essere breve.

Dante è considerato da molti il padre della lingua italiana. Perché? Quando lui pubblica la sua Divina Commedia nel 1321, Dante sciocca un po’ il mondo letterario. Perché?

La prima grande opera della normazione del volgare, cioè che tenta, che cerca di costruire delle regole per questa nuova lingua è appunto l’opera di Dante che teorizza nei primi anni del 1300 in un’opera che si chiama il De Vulgari Eloquentia. Lui teorizza la creazione di questa nuova lingua: lui quindi riconosce la varietà delle lingue d’Italia e compie, inizia a svolgere, un’opera di limatura quindi un’opera per creare questa lingua: per far diventare questa lingua lo strumento migliore per comunicare. Quindi Dante, in questo periodo, non accetta il latino come lingua per le sue opere, ma va per le strade e cerca la vera lingua fiorentina: vera lingua parlata dagli abitanti della città. La stessa cosa viene poi fatta da due poeti e scrittori importanti che vivono leggermente dopo Dante, quindi sono quasi contemporanei, e sono Boccaccio e Petrarca. Dante, Petrarca e Boccaccio, chiamati Le Tre Corone, iniziano un lavoro di creazione, insomma, un lavoro di elaborazione di questa nuova lingua. A causa loro, grazie a loro, il fiorentino inizia a diventare un modello di riferimento per tutta Italia.

Dante usa questa lingua, chiamata volgare, per raccontare la sua storia: quella anche della Divina Commedia.

Dopo di lui, questa causa viene un attimo dimenticata fino al 1500Nel 1500 alcuni intellettuali italiani iniziano a organizzarsi e decidono che questa mancanza di una lingua ufficiale e questa predominanza ancora del latino per la letteratura sia una cosa assurda. Secondo questi intellettuali, l’Italia ha bisogno di una lingua italiana, almeno in forma scritta che fosse però comune a tutti. Quindi questo gruppo di intellettuali fa una cosa inedita nella storia d’Europa: sceglie un dialetto, quello ritenuto da loro come più bello, e lo battezza italiano.

Come trovare questo dialetto più bello? Come definire la bellezza? Questi intellettuali devono appunto andare indietro di 200 anni, fino alla Firenze del quattordicesimo secolo. Questo gruppo decide di considerare lingua italiana corretta la lingua usata dal grande poeta Fiorentino Dante Alighieri nel 1300 e da altri due autori quasi contemporanei, appunto, Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio.

Ora immaginate questa scena: un gruppo di intellettuali si riunisce molto tempo dopo rispetto all’epoca di Dante e decide che l’italiano di Dante sarebbe, a partire da quel momento, la lingua ufficiale dell’Italia. È più o meno come se un gruppo di accademici di Oxford si fosse riunito un giorno nel secolo XIX e avesse deciso che, da quel momento, tutto il mondo in Inghilterra avrebbe dovuto parlare la lingua di Shakespeare. Questa manovra, questa mossa, in Italia funziona veramente.

L’italiano che parliamo oggi, quindi, non è romano o veneziano (anche se queste città sono state città molto forti dal punto di vista militare e commerciale) ma è Fiorentino, la lingua di Firenze. La lingua ha la sua origine da quella stessa lingua che Dante usa nelle sue opere.

Oggi per un italiano non è così facile leggere Dante: a scuola infatti dovevamo tradurre e parafrasare la Divina Commedia prima di capire il contenuto interamente. Molte parole però sono comuni e in molte parti del libro è ancora possibile per un italiano capire il contenuto.  Ovviamente, la lingua è cambiata nel corso dei secoli, ogni lingua cambia.

Come esperimento, per farvi sentire questa lingua del 1300, voglio leggere qui, adesso, le prime due strofe della Divina Commedia del Canto I dell’Inferno. Voi ascoltate il suono e provate a vedere se riuscite a capire qualche parola. Non importa se non riuscite a capire bene il contenuto, provate solo a concentrarvi sul suono. Ok? Andiamo:

Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

Bene, ora possiamo tornare alla nostra storia. Abbiamo capito che la lingua italiana ha una forte connessione con la lingua di Dante. Ma la storia non finisce certo qui. In quale modo questa lingua è diventata lingua nazionale? E quanto è diverso l’italiano contemporaneo dall’italiano di Dante?

Dobbiamo parlare e fermarci un po’ sul 1500. Dante, Boccaccio e Petrarca nel 1300 sono sicuramente stati i padri della rivoluzione linguistica. Dopo di loro, però, gli scrittori sono tornati al latino. Per un secolo la lingua è addormentata e solo alla fine del 1500 ricominciano gli studi che parlano di una lingua nazionale. Proprio nel 1500, quindi,  la questione linguistica diventa uno studio fondamentale.

Però non è semplice: ci sono varie teorie. Ci sono persone che sostengono l’importanza di tornare al Fiorentino del 1300 e altri che invece vogliono una lingua più moderna. Fra questi, un intellettuale nel 1500 che parla della lingua italiana e in particolare della lingua parlata fiorentina è Niccolò Machiavelli. Lui scrive un libro chiamato: “Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua”. Machiavelli apparteneva al gruppo che sosteneva il “modello Fiorentino”, la lingua di Firenze. Machiavelli però difendeva il fiorentino contemporaneo e non quello di Dante. Un altro gruppo, invece, è guidato da Pietro Bembo: un altro intellettuale del tempo che scrive un libro chiamato “Prose della volgar lingua”. Lui in questo scritto propone come lingua il toscano del 1300: secondo lui la lingua letteraria per eccellenza, quindi la lingua letteraria pura.

Bembo scrive una vera e propria Grammatica del Toscano letterario: questa grammatica però si basa appunto sulla lingua parlata dai grandi autori del Trecento: Dante, ma soprattutto Boccaccio e Petrarca. Dante un po’ meno: perché? Perché Dante nella sua opera non usa solo l’italiano alto, l’italiano elevato ma usa anche molti termini appartenenti al linguaggio un po’ più basso, un po’ più volgare. Quindi Bembo decide di basarsi soprattutto sulle opere di Boccaccio e Petrarca.

Un’altra cosa importante che succede nel 1500 è la nascita dell’Accademia della Crusca: un organo accademico che si occupa di linguistica e nasce nel 1582. L’accademia della Crusca, quindi questo organo di linguisti crea per la prima volta un dizionario italiano e decide per la creazione di questo dizionario di basarsi sul l’idea appunto di Bembo, quindi sulla lingua dei letterati del 1300. Questo dizionario è stampato nel 1612 a Venezia. Fra gli scrittori del Cinquecento compaiono nel dizionario solo gli scrittori che hanno deciso di seguire appunto il modello di Bembo, come Ariosto, lo stesso Bembo, Della Casa e altri autori.

Un altro personaggio che vive fra 1500 e 1600 e che possiamo nominare è Galileo Galilei. Perché? Perché Galileo Galilei nei suoi scritti va verso la direzione della sua lingua materna: lui usa il volgare contemporaneo, la sua lingua, la lingua parlata di tutti i giorni. Quindi è importante perché Galileo, come scienziato, crea italiano della fisica e dell’astronomia. Sceglie di usare parole facili, semplici e trasparenti e non introduce nei suoi scritti parole troppo colte, troppo “strane” per una persona che viveva in quel periodo storico. Infatti, la lingua che il popolo parlava nel 1700 era molto diversa da quella che parlava Dante. C’era una grande differenza tra la scrittura, questo dizionario dell’Accademia della Crusca e invece la lingua della vita quotidiana, la lingua delle cose di tutti i giorni. Questa lingua di Bembo questa lingua dell’Accademia della Crusca era un po’ arcaica, era considerata un po’ antica.

Bene amici, questa storia sta diventando molto lunga, quindi per questa settimana mi fermo qui. Ricordatevi: siamo arrivati al 1500/1600. La settimana prossima dovremmo parlare ancora di un periodo importantissimo per la storia della lingua italiana che è il 1800. Ma per adesso vi lascio, vi ringrazio per aver ascoltato fino adesso e voglio anche, prima di finire, chiedervi alcuni suggerimenti.

Questi sono i miei primi podcast, sto sperimentando con questa nuova forma di comunicazione: quindi mi scuso per volume, alti, bassi eccetera eccetera. Spero che abbiate pazienza ma se avete particolari consigli per me, se volete che durante questo spazio settimanale io parli di argomenti particolari, vi prego di mandarmi un’email. Potete trovare il mio indirizzo e-mail sul mio sito web: sarò felice di leggere e rispondere a qualsiasi messaggio che riceverò.

Terminiamo infine con il proverbio di questa settimana. Ho scelto un proverbio con la rima: adoro proverbi con le rime. Il proverbio è questo: rosso di sera bel tempo si spera. Significa che se di sera il tramonto è bello rosso, senza nuvole, probabilmente domani sarà una bella giornata. Queste erano le credenze dei nostri nonni e forse funzionano ancora oggi! Quindi vi auguro una bellissima giornata, vi auguro un bellissimo weekend autunnale e ci sentiamo presto. Ciao ciao.

Introduzione e presentazioni

This podcast is for people who want to practice their listening and learn new things on Italian literature and cinema.

Trascrizione:

Buongiorno a tutti e benvenuti sul primo podcast di Speak italiano.

Io sono Linda e sono la persona che vi guiderà nei prossimi mesi alla scoperta, della letteratura del cinema e della cultura italiana. Due informazioni su di me: sono nata e vivo in Piemonte e sono laureata in letteratura italiana contemporanea. Ho vissuto a Dublino e sono tornata in Italia da un anno.

Amo leggere ascoltare storie, guardare film e scoprire cose nuove: per questo motivo voglio usare questo spazio per parlare di letteratura italiana, di cinema e di tutto quello che riguarda la cultura italiana del presente e del passato.  Con questo podcast voglio dare uno strumento di ascolto alle persone che stanno imparando l’italiano o che hanno studiato questa lingua e vogliono tenersi in esercizio con l’ascolto. Parlerò in italiano ma in modo chiaro è semplice.

Durante questo primo incontro voglio parlare dell’importanza delle storie e della letteratura per migliorare la nostra conoscenza delle lingue.  Prima di tutto raccontare storie è una cosa che gli esseri umani fanno dall’inizio dei secoli. Usiamo le storie giornalmente con la nostra famiglia con i nostri amici e anche con persone nuove.  Un piccolo dato, parliamo un po’ di numeri: l’enciclopedia Treccani, una delle più importanti enciclopedie della lingua italiana, stima che nella lingua italiana esistano più o meno 427 000 parole diverse. Di queste 427000, solo 6500 sono usate per il 98%  della nostra comunicazione giornaliera. Avete sentito bene! 6500 parole per il 98% della comunicazione italiana giornaliera. Se vogliamo andare oltre in questa analisi, Treccani afferma anche che 2000 parole sole sono considerate parte del nostro vocabolario di base. Questa è sicuramente una buona notizia per chi sta studiando l’italiano o per chi vuole riuscire a comunicare con i madrelingua.

Molte persone studiano l’italiano da tanti anni, forse hanno molti libri di grammatica a casa ma hanno paura ad avvicinarsi alla letteratura.  Forse non sanno che la letteratura italiana non è solo Dante ma ci sono tantissimi autori contemporanei che possono guidarci in un viaggio di scoperta. Le storie sono importanti perché con le storie riusciamo a vedere le parole in contesto e soprattutto siamo esposti a un processo di ripetizione naturale: la ripetizione è una parte fondamentale del processo di apprendimento. Ma attenzione: ripetizione non significa noia, non significa che dobbiamo passare ore sui libri di grammatica. Ripetizione può essere anche ascolto e le storie sono il modo migliore per creare nuove parole e aumentare il nostro vocabolario. Inoltre, con le storie possiamo immedesimarci e in questo modo far diventare il nostro processo di apprendimento più piacevole ed efficace.  Questa tecnica funziona con persone che hanno iniziato a studiare l’italiano da poco e soprattutto con persone che studiano da tempo e vogliono mantenere un contatto vivo e attivo con la lingua italiana. C’è un mare di risorse che possiamo esplorare insieme: storie, aneddoti, recensioni di libri o recensioni di film. Voglio usare questo spazio per fare proprio questo.

Vi invito quindi a seguirmi sui miei canali social Facebook e Instagram, e  iscrivervi alla mia newsletter e seguire questo spazio, per parlare insieme e per divertirci con la lingua italiana.

Adesso, momento della conclusione. Voglio concludere ogni puntata con un proverbio o una citazione. Per oggi, per questo primo episodio, ho scelto un proverbio che mi rappresenta molto e che parla della lentezza.  Viviamo in un mondo fatto di notizie che cambiano velocemente, cose che facciamo di fretta. Io penso che sia importante trovare dei momenti di pace e tranquillità per imparare con gusto e senza fretta. Imparare perché abbiamo piacere di farlo. ,Il proverbio di oggi è: chi va piano va sano e va lontano. Questo proverbio, che usiamo molto nella lingua italiana significa proprio che con la calma e la tranquillità possiamo raggiungere i nostri obiettivi.

Per la prima puntata è tutto. Se avete suggerimenti, se vi piacerebbe sentire riguardo a particolari argomenti, sono sempre aperta a proposte e consigli. Mandatemi un’email e sarò felice di rispondervi. Grazie mille per l’ascolto e ci sentiamo presto. Ciao ciao